Da quando ho scoperto il prestito interbibliotecario e la possibilità di ritirare alla biblioteca più vicina un volume proveniente dalla biblioteca cittadina più distante, con la semplicità e la velocità di un semplice clic, mi sento una donna nuova.
L’unico inconveniente sembra essere una certa ottusità del catalogo.
Basta una virgola in più o in meno nella barra di ricerca, perché essa risulti vana.
Allo stesso modo, inserire una parola del vocabolo di base, che abbia più significati e più applicazioni, comporta l’espandersi della ricerca verso nuovi orizzonti… e nuovi titoli.
E’ così che ho trovato sulla mia strada “La casa di Rosa”. E pensare che stavo cercando “Tango per una rosa”!
Appena ho prelevato il libro dallo scaffale della biblioteca sono andata in confusione. Ma come si legge questo volume? Fronte e retro della copertina sono identiche. L’isbn è stampato all’interno. Dalla metà in poi il testo è stampato al contrario. L’etichetta della biblioteca, vista l’incertezza generale, è stata divisa in due, un pezzo da una parte e uno dall’altra. Quel poco di trama che riesco a trovare all’interno non mi aiuta: due storie??
Ebbene sì.
“La casa di Rosa” è composta da due storie, o meglio, da due parti della stessa storia, destinate a congiungersi.
Da che parte si comincia a leggere? Da dove si vuole: dal passato al presente o viceversa.
Una metà racconta una storia del nostro presente: una storia che vede come protagonista un infermiere polacco, assunto in una casa di riposo di Rejkyavik in cui, fra i tanti pazienti più o meno senili, vive un’anziana e affascinante donna di nome Rosa. L’altra metà racconta la storia d’amore fra due giovani, nell’Islanda d’inizio secolo.
Hubert Klimko -Dobrzaniecki è un autore polacco giovane (qualche sito afferma sia nato nel 1977, qualcuno 1967) ed interessante. Poliedrico, senza dubbio: cultore dell’arte, ha scritto due romanzi, un racconto lungo, due raccolte di racconti, una raccolta di poesie in islandese; ha lavorato come spennatore di tacchini, operaio agricolo, contrabbandiere di diamanti, commerciante di caviale. In Polonia, in Islanda (dove ha vissuto) e in Austria (dove attualmente vive) gode di una certa fama. In Italia il suo romanzo – che fra l’altro è stato selezionato per il prestigioso premio Nike nel 2007- è stato accolto in sordina.
Me ne dispiaccio, e ringrazio la Keller, sensibile alla letteratura non convenzionale, per la traduzione di quella che credo sia un perla.
Questo romanzo mi ha emozionata molto. Difficile spiegare il perché, visto la particolarità dello scritto. C’è una riflessione profonda, interessantissima, continua e a più livelli, del ciclo della vita: nascere, crescere, costruirsi un futuro e una famiglia. E invecchiate, dolorosamente, talvolta.
In un mondo in cui gli anziani, anche quando non sono considerati pazienti geriatrici, vengono percepiti come persone al limite delle proprie facoltà, fisiche e mentali, la tentazione dei romanzi di cadere del moralismo, di celebrare il passato, di stendere un velo di delicatezza, è forte… se non altro perché mettere giù nero su bianco cosa vuol dire essere anziani soli in una casa di riposo (Odori persistenti. Necessità di girello. Omogenizzati. Dentiere a mollo nel bicchiere sul comodino. E vogliamo parlare della mortificazione del non potersela cavare da soli con le necessità corporali?).
Dobrzaniecki, invece, ha preso un’altra strada: ha ritratto la vita dell’ospizio senza moralismi, senza patetismi, con una buona dose di umorismo e nero e grottesco. Eppure nessuno dei suoi personaggi sembra essersi arreso al decadimento fisico: la scrittura di questo autore dipinge qua e là tocchi di luce.
Il racconto dei giovani sposi islandesi… quello è più difficile ancora da spiegare. E’ toccante, dai contorni incerti come possono essere solo le fiabe.
Consigliato caldamente.
La biblioteca offre tesori a chi sa cercarli, e tu hai decisamente trovato una delizia! Dovrò recuperarlo anche io, si si.
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Questa volta è lui ad aver trovato me! Il mio professore di biblioteconomia diceva che un buona biblioteca (e qui sto parafrasando, perchè si parla di qualche anno fa) non è quella che possiede tutto, ma quella biblioteca in cui entri avendo un’idea e dalla quale esci sapendone un po’ di più… Ho imparato a fidarmi del catalogo, anche se ragiona un po’ a modo suo! Ora vorrei approfondire la conoscenza delle edizioni Keller.
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Oh, allora c’è ancora qualcuno che si serve delle biblioteche… bravissima 🙂
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Eccome se me ne servo! Ricevo più messaggi dalla bibliotecaria che da mia madre. Mi dispiace però che troppe persone considerino la biblioteca come l’ultima spiaggia della ricerca, o come alternativa anticrisi. Credo che, in parte, sia una questione di mentalità e cultura, e che solo secondariamente si faccia “questione economica”: ci sono Paesi in cui le biblioteche pubbliche possono vantare tradizioni più solide (le biblioteche inglesi) e biblioteche dalla tradizione meno consolidata, ma che recuperano ampliamente in creatività (le biblioteche circolanti su camion e asini dell’America Latina per me sono il massimo). E non per forza si tratta di Paesi di lettori forti, o dall’economia più solida. Nonostante il sistema biblioteconomico italiano abbia subito dei tagli importanti, più si usufruisce della biblioteca, più questa è stimolata ad ampliare il catalogo, per far fronte alle esigenze, quindi disporrà di un budget maggiore e via dicendo… Bisogna mettere in moto il meccanismo!
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Sono d’accordo, ma ho notato che con alcune iniziative più “moderne”, a partire dall’interesse per la lettura digitale, qualcosa inizia a muoversi…
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Certo. Incredibilmente, la lettura digitale ha giovato anche al sistema bibliotecario! Ora sono disponibili testi digitali, testi che fino a qualche anno fa era possibile avvicinare solo per consultazione (nella migliore delle ipotesi) perchè rari, oppure in cattive condizioni. Per non parlare poi di Google Books!
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Originale il fatto di poter leggere una metà del libro in un verso e l’altra metà nell’altro verso! ps. Anch’io utilizzerei volentieri le biblioteche ma dalle mie parti il servizio non è così efficiente purtroppo!
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Io vivo in una piccola cittadina della prima cintura, ma lavoro e “respiro” a Torino per tre quarti della giornata. Devo dire che le biblioteche torinesi, per quanto – a volte- piccine, sono molto attive e lavorano parecchio sulla “rete”: l’interscambio è solo un esempio (forse il più lampante) di ciò che è stato realizzato sul territorio.
Io ho cominciato dalla metà in cui… si racconta del presente 🙂
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Anch’io sono un’assidua frequentatrice delle biblioteche di Torino e condivido il tuo entusiasmo per il sistema interbibliotecario, tanto che a volte mi lascio prendere un po’ la mano e prenoto pile di libri che puntualmente non riesco a leggere entro la scadenza!
Adoro aggirarmi per gli scaffali e annusare quasi il profumo dei libri ed è vero che si scoprono delle chicche, ad esempio nella biblioteca “Torino Centro” su un tavolino e sugli scaffali stessi sono esposti in bella vista alcuni libri consigliati e spesso in questo modo ho scoperto autori a me sconosciuti .
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Frequento anche io la Torino Centro! 🙂 Apprezzo molto il fatto che le bibliotecarie sappiano accostare e far convivere in amicizia titoli molto recenti e discussi con altri meno scontati e più di nicchia. Anche dietro queste piccole cose si può scorgere la mano del bibliotecario intelligente. Bazzico spesso anche al piano di sopra, alla Centrale… Ma vivo un po’ come un limite l’impossibilità di sfogliare i libri, di sceglierli, di valutarli. Capisco che con la burocrazia non si scende ai patti, però … Però però!
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Wow! Chissà,può darsi che qualche volta ci siamo incrociate!
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Pensa che sono uscita dalla biblioteca mezz’ora fa! Ho il caschetto e grossi occhiali (e l’aria un po’ suonata), se vedi qualcuno che corrisponde a questa descrizione… potrei essere io 🙂
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